La ricerca e l’analisi sulla pericolosità sismica non rallentano mai. E da poco ha preso il via un nuovo lavoro congiunto, che ha lo scopo di definire le procedure per un possibile utilizzo dei prodotti di ricerca sulla pericolosità sismica a breve termine. Questo lavoro congiunto, organizzato in via sperimentale e per fini di protezione civile, ha avuto inizio a seguito dell’incontro organizzato dal Dipartimento della Protezione civile con l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), le Regioni e le Province Autonome.
Un lavoro che parte da lontano
Quello sulla pericolosità sismica a breve termine è un percorso di ricerca che in Italia è stato avviato nel 2009, con la nomina dell’International Commission on Earthquake Forecasting for Civil Protection composta da geologi e geofisici provenienti da Cina, Francia, Germania, Grecia, Italia, Giappone, Russia, Regno Unito e Stati Uniti, presieduta da Thomas H. Jordan, all’epoca direttore del Southern California Earthquake Centre e professore di Scienze della Terra presso la University of Southern California. La Commissione, nella conclusione dei suoi lavori, scriveva di aver “identificato diverse attività connesse tra loro che potrebbero migliorare le basi scientifiche e l’affidabilità delle previsioni probabilistiche operative dei terremoti” al fine di “utilizzare le tecniche di previsione probabilistica al momento oggetto di studi, a fini di protezione civile”. In particolare, la Commissione sottolineava come “l’elaborazione di qualsiasi nuovo protocollo operativo richiede uno sviluppo in tre fasi”: una fase di ricerca, una di valutazione dei modelli e una di implementazione a fini di protezione civile. Dopo le fasi di ricerca e valutazione che hanno impegnato la comunità scientifica negli ultimi anni, il percorso di confronto e implementazione che parte ora con Regioni e Province Autonome ha proprio l’obiettivo di verificare, in via sperimentale, l’utilizzo che potrebbe essere fatto di questo strumento per azioni di protezione civile, in aggiunta ad altri elementi conoscitivi già utilizzati dal sistema, come la storia sismica, l’assetto sismotettonico, la microzonazione sismica e gli scenari di danno atteso. Per questo motivo ne abbiamo parlato con Titti Postiglione, Vice Capo Dipartimento di Protezione Civile, per capire quanto sarà importante questa ricerca in ottica protezione civile.
Che cos’è la pericolosità sismica a breve termine?
Un terremoto sul territorio italiano può avvenire ovunque e in qualunque momento. Detto ciò, sappiamo però che la pericolosità sismica probabilistica non è costante nello spazio; ci sono, infatti, aree dove la probabilità di accadimento di un terremoto di una certa magnitudo, in un determinato arco temporale, è maggiore rispetto ad altre. Tutto questo è rappresentato nei modelli probabilistici di pericolosità sismica di lungo termine, che riguardano un arco temporale da decine a centinaia o migliaia di anni. Tuttavia la sismicità non è costante neanche nel tempo, e la pericolosità sismica probabilistica di breve termine tiene conto di questo aspetto. Essa è riferita a un arco temporale che può andare da qualche giorno fino a pochi mesi e indica qual è la probabilità che in un breve intervallo di tempo – per esempio una settimana – in una data area possa accadere un terremoto di una determinata magnitudo. Questo tipo di probabilità è fondata esclusivamente sulla statistica degli eventi sismici e non tiene quindi conto dei fattori fisici che determinano i terremoti, quali ad esempio i meccanismi correlati alle faglie. Parliamo di pericolosità sismica probabilistica perché, a oggi, non esistono delle metodologie per prevedere i terremoti in modo deterministico, ossia metodi che ci determinano con precisione, in un punto preciso, la magnitudo e il momento esatto in cui avverrà un certo terremoto.
L’Ingv ha lavorato per creare l’architettura dello strumento chiamato “Operational earthquake forecasting-OEF”, per elaborare dati in tempo reale, implementare i modelli accettati dalla comunità scientifica, testati e validati, proporre un nuovo modello di sintesi, creare dei database e sottoporre i risultati alla comunità scientifica. Quali risultati sono stati ottenuti?
Il lavoro portato avanti negli anni dai ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha avuto come risultato proprio lo strumento che oggi chiamiamo tecnicamente OEF e che restituisce stime di pericolosità sismica di breve termine. Come Dipartimento, insieme alle Regioni e Province Autonome, avviamo un lavoro congiunto per definire le procedure per verificare la possibilità di utilizzare, in via sperimentale e per fini di protezione civile, questi prodotti, evidenziandone anche tutti i limiti. Per arrivare a questo strumento, gli esperti dell’Ingv hanno potuto contare su analisi in tempo reale dei dati di osservazione delle stazioni delle reti di sismografi dell’Istituto, hanno testato modelli statistici esistenti su eventi che, negli anni, si sono verificati, e hanno proposto un approccio di sintesi che hanno sottoposto alla valutazione della comunità scientifica internazionale.
Quali nuove ricerche saranno condotte? In che direzione andranno?
Come ha indicato l’International Commission on Earthquake Forecasting for Civil Protection, il cui lavoro, in Italia, ha dato il via alla ricerca scientifica in questo campo specifico, tutti i modelli di previsione probabilistica a uso operativo dovrebbero essere sottoposti a una continua verifica, sia retrospettivamente che prospettivamente, per “registrare” sempre meglio la loro affidabilità ed efficacia. La comunità scientifica, nazionale e internazionale, che si occupa di questi specifici temi, sarà sempre più impegnata in questo, nel dimostrare proprio l’affidabilità e l’efficacia dei modelli di previsione probabilistica di breve termine rispetto a consolidati modelli di riferimento, come quelli a lungo termine indipendenti dal tempo. Perché per “convertire”, se così possiamo dire, le stime di probabilità di accadimento di terremoti nel breve termine in possibili azioni di mitigazione del rischio – cosa che dovrebbe essere l’obiettivo finale – è necessario che questi modelli siano solidi.
È possibile ipotizzare di riuscire a prevedere in futuro luogo, tempo e magnitudo dei terremoti? Sono mai stati fatti progressi in questo senso?
È davvero arduo ipotizzare cosa sarà possibile prevedere in futuro grazie alla ricerca scientifica, non solo nel campo della pericolosità sismica. E cosa ancora diversa è dire che tipo di utilizzo potrebbe essere fatto dei risultati della ricerca scientifica per fini operativi. Gli investimenti certi e costanti nel tempo, la partecipazione delle istituzioni italiane competenti in programmi internazionali volti a valutare l’affidabilità e l’efficacia degli strumenti per la pericolosità sismica a breve termine, il confronto con sistemi di protezione civile di Paesi esteri ma altrettanto esposti al rischio sismico come il nostro: questi sono tutti elementi centrali per fare progressi futuri.
La Commissione Grandi Rischi nel settembre scorso ha valutato come siano ora maturi i tempi per lavorare, nell’ambito del sistema di protezione civile, a un protocollo per la valutazione della pericolosità di breve termine. C’è quindi un evento (terremoti passati per esempio), una condizione o una scoperta in particolare che ha spinto la commissione a fare questa valutazione?
No, non c’è stata una scoperta particolare o un fatto contingente, ma solo un paziente lavoro di analisi che ha richiesto anni. La Commissione Grandi Rischi, che è la struttura di collegamento tra il Servizio Nazionale della Protezione Civile e la Comunità scientifica, l’organo chiamato a fornire pareri di carattere tecnico-scientifico e dare indicazioni su come migliorare la capacità di valutazione, previsione e prevenzione dei diversi rischi, ha seguito negli anni i lavori di ricerca scientifica nel campo delle pericolosità sismica di breve termine e ritenuto come questi, arrivati a un certo grado di solidità, possano iniziare oggi a essere verificati, in forma sperimentale, sul fronte della protezione civile.