Sono disponibili i risultati sulle Case rifugio per le donne maltrattate e sui Centri AntiViolenza 2020/21.
L’Istat e il Dipartimento per le Pari Opportunità rendono disponibile un quadro aggiornato d’informazioni sulla violenza contro le donne in Italia, nel 2020 è cresciuta l’offerta di servizi dei Centri AntiViolenza (CAV) e delle Case rifugio per le donne maltrattate, aperte 12 nuove Case e 11 CAV anche se persistono le differenze territoriali: al Nord si concentra la quota maggiore di Case rifugio (70,2%, 257 valore assoluto) e il 41,7% dei CAV(146).
Sia le Case rifugio che i CAV sono raggiungibili H24, l’85,5% delle Case rifugio (87,5% nel 2019) e il 71,9% dei CAV e la maggioranza delle Case (83,5%) hanno un locale idoneo a garantire lo svolgimento delle attività nel rispetto della privacy delle utenti, l’88,0% è a indirizzo segreto e prevedono sistemi di sicurezza per proteggere le ospiti dagli autori della violenza. L’81,8% delle Case rifugio e il 92% dei CAV ricevono fondi pubblici per la conduzione, il 59,1% delle Case e il 42,2% dei CAV utilizzano fondi pubblici e molte operatrici sono volontarie. Nel 2020, 54.609 le donne che hanno contattato, almeno una volta, i CAV con un +3.964 rispetto al 2019; mentre sono 30.359 le donne che hanno avviato un percorso di uscita dalla violenza, 20.223 delle quali (66,1% del totale) hanno avviato l’iter nel 2020 (69,1% nel 2019) con una percentuale di donne straniere del 27,7%.
La risposta dei CAV è stata efficiente anche durante la pandemia: al 12,6% delle donne è stato offerto il servizio di pronto intervento e messa in sicurezza, al 14,2% il percorso di allontanamento dalle situazioni della violenza e al 18% il sostegno per l’autonomia. Nel 2020 i servizi offerti dai Centri sono l’ascolto (99,6%) e il servizio di orientamento (98,1%), le restrizioni dovute alla pandemia hanno portato invece a una diminuzione delle donne ospitate presso le Case rifugio, nel 2020 le donne ospitate sono 1.772, il 19,2% in meno rispetto al 2019. L’offerta dei servizi e l’adesione alla rete contro la violenza risulta maggiore se, i CAV e le Case operano in relazione tra loro; migliora la capacità di farsi carico delle donne: il 45,2% delle donne ospiti esce dalle Case rifugio perché ha concluso il percorso di uscita dalla violenza, il 20,0% è trasferita in altra struttura, mentre per il 23,3% l’esito è negativo (l’11,4% abbandona il percorso e l’11,9% ritorna dal maltrattante).
Nel 2021 proseguono le chiamate al numero 1522 (36.036), +13,7% rispetto al 2020 (31.688), nel 2021 il 68,7% delle vittime è stato indirizzato a un servizio territoriale, di queste, il 90,1% (10.074 chiamate) è stato inviato a un CAV, il 4,4% (492) alle forze dell’ordine e l’1,7% (190) alle Case rifugio. Nel 2020, è cresciuta l’offerta dei CAV e delle Case rifugio (CR), le donne vittime di violenza possono contare su 350 CAV, il 2,9% in più rispetto ai 340 attivi nel 2019, e su 366 CR, il 24,5% in più rispetto alle 294 del 2019, aumentate nel 2021 le strutture che hanno ricevuto finanziamenti dal Dipartimento per le Pari Opportunità.
La distribuzione territoriale dei servizi per il contrasto alla violenza di genere non è omogenea: al Nord si concentra il 70,2% delle Case rifugio (257) e il 41,7% dei CAV (146); al Sud attivi 104 CAV (29,7% del totale). La presenza è minore nelle restanti aree, raggiungendo il valore minimo nelle Isole (19 Case rifugio e 35 CAV pari al 5,2% e al 10% del totale), 3 i territori che hanno un’offerta più equilibrata tra CAV e Case rifugio: Valle d’Aosta, Provincia autonoma di Trento e Veneto; mentre la copertura delle Case rifugio è superiore a quella dei CAV in: Lombardia, Provincia autonoma di Bolzano, Friuli[1]Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Marche e Basilicata, nelle altre regioni è più alta la copertura dei CAV rispetto a quella delle Case rifugio.