La ripresa della contribuzione erariale per gli investimenti locali costituisce un fattore decisivo per il rilancio del settore in tutto il territorio nazionale ma è necessario razionalizzare il sistema di finanziamento su base pluriennale per orientare un congruo ammontare di risorse verso specifiche priorità ed obiettivi, come la messa in sicurezza territoriale e immobiliare, la conversione ecologica e l’economia circolare. Questo uno dei punti più importanti di cui si è discusso nell’ottava Conferenza della Fondazione IFEL che ha visto protagonista, oltre alla Legge di Bilancio del 2020, la ripresa degli investimenti pubblici.
Durante la Conferenza Andrea Ferri, Responsabile del Dipartimento Finanza locale, ha ricordato come i Comuni abbiano garantito un contributo straordinario e sproporzionato al risanamento dei conti pubblici con 12,5 mld di euro tra tagli e restrizioni finanziarie (2011-15), con un contributo all’aggiustamento dei conti pari a oltre 9 mld (soli Comuni) e a 12,5 mld (enti locali), su un totale di 25 mld. “La riforma contabile – ha ricordato Ferri – congela 4,5 mld nel Fondo crediti dubbia esigibilità (FCDE) e pretende molti e gravosi adempimenti per i Comuni che incidono sulla spesa pubblica per il 7,4%, con un onere del debito molto elevato perché dipende da tassi fissi di oltre 15 anni fa: in media paghiamo il 4,5% (su 37,7 mld), mentre lo Stato emette titoli all’1%”.
“A partire dal 2011 – ha chiarito Ferri – i Comuni riducono costantemente lo stock del proprio debito: circa 11 miliardi in meno (da 48,6 a 37,7), dal 2,6% nel 2011 all’1,6% nel 2018 sul totale P.A. Rimane però da Nord a Sud molto elevata l’incidenza del costo sui bilanci di molti Comuni, rendendo ulteriormente difficile la tenuta degli equilibri di parte corrente. Da molto tempo l’Anci sottopone invano a Governo e Parlamento la necessità di ripartire i costi del debito in misura più equa tra Stato e Comuni, i quali subiscono attualmente un tasso medio (4,5% circa) ben più alto rispetto ai tassi medi all’emissione dello Stato (1,1%). Nel complesso l’incidenza mediana del costo sostenuto dai Comuni per il debito contratto si attesta sul 9% della spesa corrente, con una diffusione piuttosto omogenea nelle diverse aree del Paese. L’analisi evidenzia un onere particolarmente elevato a carico dei Comuni più piccoli, costretti anche per questo motivo a scontare un eccessivo grado di rigidità dei propri bilanci”.
In questi anni, inoltre, hanno fortemente inciso sulle casse comunali la scarsa semplificazione degli adempimenti e «operazioni verità» su argomenti molto delicati, che amplificano le sofferenze non risolte, come le penali sui ritardi sui debiti commerciali e l’avvio della regolamentazione di ARERA sui rifiuti, nonché le riduzioni di personale generalizzate, accentuate da quota 100, che hanno impedito il ricambio generazionale in uffici critici, riduzione pari al 16% negli ultimi 8 anni. Non ultima una riforma del sistema di riscossione locale.
“Nel periodo 2010-2017 gli investimenti comunali – ha aggiunto Angelo Rughetti, Responsabile in IFEL dell’Osservatorio sugli investimenti pubblici, hanno manifestano una pesante contrazione e tale dinamica molto negativa ha investito tutte le aree del Paese: a livello nazionale -39,5% in termini di impegni e -28,4% sul versante dei pagamenti. Una prima stima sul 2018 segnala l’avvio di una ripresa tanto attesa: rispetto al 2017 +10% in termini di impegni e circa +2% sul versante della cassa. L’inversione del trend, finalmente anche in termini di cassa, è confermata dalle informazioni desunte da SIOPE. La ripresa è più consistente al Nord, al Centro si manifesta nel 1° semestre 2019 e nel Mezzogiorno la ripresa è più contenuta e si manifesta sotto forma di contrazione progressivamente minore”.
“Dopo un andamento sempre positivo degli investimenti lordi in Italia – ha spiegato poi Walter Tortorella, responsabile del Dipartimento Studi Economia locale IFEL – dal 1995 fino al 2007, a cui segue una dinamica altalenante, a partire dal 2015 gli investimenti sono tornati a crescere. Nel 2018 sono ai livelli del 2005 e del triennio 2009-2011. In media, dal 2008 al 2018, la spesa per investimenti della PA in Italia (2,5% del PIL), seppure più bassa rispetto alla media UE (3,1%), non è a livelli significativamente inferiori rispetto ad altri Paesi europei. In Germania è addirittura più contenuta (2,2% del PIL)”.
“Entro il primo semestre del 2020 sarà definito il negoziato sul nuovo Quadro finanziario pluriennale dell’UE e il pacchetto legislativo di riforma dei fondi di investimento europei per il 2021-2027 – ha specificato Francesco Monaco, Responsabile Politiche di coesione territoriale IFEL Anci – Nonostante la riduzione complessiva del budget per la politica di coesione (meno 7% rispetto al ciclo 2014-2020), secondo la proposta della Commissione, all’Italia potrebbe essere assegnata una quota leggermente superiore di quella attuale. Una parte consistente di queste risorse confluirà in investimenti nelle città (almeno il 6% del FESR) e nelle “aree interne” del Paese, sulle priorità del green new deal europeo e dell’economia circolare (rifiuti e acqua), il contrasto alla povertà e alla dispersione scolastica, la riqualificazione urbana, la mobilità sostenibile, l’accesso ai servizi di cittadinanza. Per affrontare le sfide del futuro, si dovrà dunque lavorare a rafforzare la capacità amministrativa dei beneficiari, Comuni e Città, per avere progetti di migliore qualità e un ciclo di spesa più veloce e orientato ai risultati. Avendo consapevolezza, che oltre alle necessarie azioni di assistenza tecnica per raggiungere i risultati -soprattutto nei piccoli Comuni- forse si dovrebbe cominciare a pensare seriamente di integrare gli organici con nuovo personale, dotato di conoscenze e competenze più aggiornate”.
“La necessità di sostenere con maggiore forza gli investimenti locali richiede – ha specificato Pierciro Galeone, Direttore della Fondazione – un più strutturato ausilio per il recupero della capacità di progettazione e il più diretto coinvolgimento degli enti locali che potrebbe costituire anche per tale via un fattore decisivo per l’attuazione di interventi più celeri ed efficaci, anche attraverso il rilancio nella prossima legge di stabilità del Bando periferie, rendendolo questo strutturale”.
“Una delle ipotesi che potrebbe essere messa in campo – ha concluso Guido Castelli, Presidente IFEL – è quella che punti all’attivazione di un processo di costante acquisizione dei progetti in cerca di finanziamento i cui beneficiari dovrebbero essere prioritariamente individuati tra gli enti con risorse proprie insufficienti a finanziare in via autonoma l’investimento, con incentivi e premialità che potrebbero poi diversificarsi a livello regionale in corrispondenza di interventi finanziati dalle Regioni”.
All’appuntamento sono intervenuti, oltre a rappresentanti parlamentari e Sindaci, il presidente del Consiglio Nazionale dell’Anci Enzo Bianco, il Ministro per gli Affari regionali e le Autonomie Francesco Boccia, il segretario generale dell’Anci Veronica Nicotra, il neo delegato Anci alla finanza locale e sindaco di Novara, Alessandro Canelli e il presidente della commissione Finanza locale Anci Mauro Guerra, i vice Ministro dell’Economia e Finanze, Laura Castelli e Antonio Misiani, il vice Presidente Anci e delegato Aree interne Matteo Luigi Bianchi, il coordinatore Anci Piccoli Comuni Massimo Castelli.
I materiali della conferenza sono disponibili sul sito dedicato all’appuntamento https://