Consiglio di Stato, sez. I, 22 novembre 2021, n. 1786.
Tutte le spese elettorali sostenute dai Comuni devono essere rimborsate (art. 17, primo comma, l. n. 136 del 1976) nei limiti fissati con decreto ministeriale; l’importo massimo da rimborsare a ciascun Comune, fatta eccezione per il trattamento economico dei componenti dei seggi, è stabilito con decreto del Ministero dell’interno, nei limiti delle assegnazioni di bilancio.
Ha ricordato il parere che disciplina di riferimento è costituita dall’art. 17, l. n. 136 del 1976, come da ultimo modificata dalla legge 27 dicembre 2013, n. 147. Il primo comma dell’art. 17 stabilisce che tutte le spese per l’organizzazione tecnica e l’attuazione delle elezioni politiche e dei referendum sono a carico dello Stato nei limiti massimi fissati dal decreto previsto dall’articolo 55, comma 8, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e dal nono comma del medesimo articolo 17.
In base a quest’ultimo, l’importo massimo da rimborsare a ciascun comune, fatta eccezione per il trattamento economico dei componenti dei seggi, è stabilito con decreto del Ministero dell’interno, nei limiti delle assegnazioni di bilancio, con distinti parametri per sezione elettorale e per elettore, calcolati rispettivamente nella misura del 40 per cento e del 60 per cento del totale da ripartire. Per i comuni aventi fino a 3 sezioni elettorali, le quote sono maggiorate del 40 per cento.
Inoltre, il decimo comma dell’art. 17 prevede che gli oneri per il trattamento economico dei componenti dei seggi e per gli adempimenti di spettanza dei comuni, quando le elezioni non riguardino esclusivamente i consigli comunali e circoscrizionali, sono anticipati dai comuni e rimborsati dallo Stato, dalla ragione o dalla provincia, in base a documentato rendiconto, da presentarsi entro il termine di tre mesi dalla data delle consultazioni.
A sua volta, l’art. 55, comma 8, della legge n. 449/1997 stabilisce che le amministrazioni preposte all’organizzazione e allo svolgimento delle consultazioni elettorali dovranno comunque razionalizzare i servizi al fine di realizzare un ulteriore contenimento delle spese rispetto a quelle scaturenti dalla normativa vigente. A tale scopo, con cadenza triennale, entro il 31 gennaio del primo anno di ciascun triennio, con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, di concerto con i Ministri dell’interno e di grazia e giustizia, deve essere determinata la misura massima del finanziamento delle spese per lo svolgimento delle consultazioni, ivi comprese le somme da rimborsare ai comuni per l’organizzazione tecnica e l’attuazione delle elezioni i cui oneri, a norma dell’articolo 17 della legge 23 aprile 1976, n. 136, e successive modificazioni, e dell’articolo 55 della legge 24 gennaio 1979, n. 18, e successive modificazioni, sono a carico dello Stato.
Le disposizioni di riferimento prevedono quindi, da un lato, che tutte le spese elettorali sostenute dai Comuni debbano essere rimborsate (art. 17, primo comma, della legge n. 136 del 1976) e, dall’altro, che ciò abbia luogo nei limiti fissati con decreto ministeriale. L’importo massimo da rimborsare a ciascun comune, fatta eccezione per il trattamento economico dei componenti dei seggi, è stabilito con decreto del Ministero dell’interno, nei limiti delle assegnazioni di bilancio.
Si tratta di spese che gravano sullo Stato e che debbono essere anticipate dai Comuni. Per esigenze di contenimento degli oneri complessivi viene posto un tetto di spesa.
Il lavoro straordinario dei dipendenti comunali in occasione di consultazioni elettorali è poi regolato più in dettaglio dall’art. 15 del decreto-legge n. 8/1993, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 68/1993, che: stabilisce un limite medio di spesa di 40 ore mensili per persona e sino ad un massimo individuale di 60 ore mensili (il limite medio di spesa si applica solo ai comuni con più di cinque dipendenti); individua la tipologia del personale per cui può essere autorizzato lo straordinario; prevede che le spese per il lavoro straordinario dei dipendenti comunali e le altre spese anticipate dai comuni per l’organizzazione tecnica e l’attuazione di consultazioni elettorali i cui oneri sono a carico dello Stato saranno rimborsate, al netto delle anticipazioni, posticipatamente in base a documentato rendiconto da presentarsi entro il termine perentorio di quattro mesi dalla data delle consultazioni, pena la decadenza dal diritto al rimborso.
Per le consultazioni elettorali politiche, il Comune, autorizzato ad anticipare le relative spese con diritto al rimborso da parte dello Stato, opera quale organo periferico dell’Amministrazione statale e non esercita le funzioni proprie di ente autonomo territoriale, con la conseguenza che nei rapporti con il Ministero dell’Interno vige un sistema di controllo, da parte del dicastero, di tipo repressivo-sostitutorio, come si evince, in particolare, dall’obbligo di rendicontazione del Comune, il quale implica la necessità di un’approvazione che sia necessariamente preceduta dalla verifica della legittimità e della congruità delle spese medesime. L’Amministrazione statale, pertanto, non può limitarsi al mero riscontro delle spese anticipate, ma deve esaminarle nel merito, anche attraverso valutazioni discrezionali sull’opportunità degli impegni di spesa assunti dall’ente delegato, verificandone la necessaria funzionalizzazione alle attività connesse all’esercizio del diritto di voto (Cass. civ., sez. I, 18 giugno 2008, n. 16595).
Il legislatore ha evidentemente inteso contemperare due distinte e contrapposte esigenze: l’onere del rimborso integrale per l’esercizio da parte dei Comuni di funzioni a loro delegate dall’amministrazione centrale in occasione dello svolgimento delle elezioni politiche; la necessità di contenere le spese complessive, che rischia di rimanere insoddisfatta attraverso il semplice rimborso delle spese comunali a pie’ di lista.
Fonte: www.giustizia-amministrativa.it