Le norme tecniche di attuazione, ove prescrivano la distanza minima di cinque metri dal confine, non vietano l’operatività del principio di prevenzione; la prescrizione contenuta nelle suddette norme, non prevedendo un obbligo inderogabile di rispettare la distanza di cinque metri ma ammettendo talune deroghe, consente l’operatività del predetto principio.
Ha chiarito la Sezione che dal combinato disposto degli artt. 871, 872 e 83 cod. civ. si ricava, in via interpretativa, l’esistenza del cd. principio di prevenzione. Esso comporta che il confinante che costruisce per primo ha una triplice facoltà, potendo edificare: i) rispettando una distanza dal confine pari alla metà di quella imposta dal codice civile; ii) sul confine; iii) a una distanza dal confine inferiore alla metà di quella prescritta.
In questa sede rileva stabilire se tale principio possa operare anche nel caso in cui trovino applicazione fonti di diritto pubblico.
Le Sezioni unite della Cassazione hanno affermato che la portata “integrativa” dell’art. 36, d.lgs. n. 380 del 2001 non si limita soltanto alle prescrizioni che impongono una distanza minima, ma “si estende all’intero impianto di regole e principi dallo stesso dettato per disciplinare la materia, compreso il meccanismo della prevenzione”, aggiungendo, però, che i regolamenti locali possono eventualmente escludere l’operatività di tale meccanismo “prescrivendo una distanza minima delle costruzioni dal confine o negando espressamente la facoltà di costruire in appoggio o in aderenza” (Cass. civ., sez. un., 19 maggio 2016, n. 10318).