Quest’anno si celebra il centenario di Pietro Cascella (2 febbraio 1921). La sua una famiglia di artisti che, tra figli e nipoti, si tramandano da cinque generazioni: il nonno Basilio (1860-1950) capostipite di una generazione di maestri d’arte, Tommaso (1890-1968) che ritrae opere legate alla terra d’Abruzzo, e il figlio Pietro, tutti artisti che tra l’Ottocento e il Novecento, anche se con tecniche diverse, si sono espressi in prestigiose opere di pittura, ceramica, incisoria e scultura. Al nonno è dedicato il Museo Civico Basilio Cascella, Museo delle genti d’Abruzzo, dove è possibile ricostruire“il percorso formativo di Andrea e Pietro, figli di Tommaso, considerati tra i più grandi scultori del panorama nazionale ed internazionale del XX secolo”.
Nel 2006, due anni prima della sua morte, Pietro Cascella è stato insignito della Medaglia d’Oro ai Benemeriti della Cultura e dell’Arte. “Sono le mani che realizzano le opere – diceva – è il mestiere che traduce le idee in materia, fin dalla più remota antichità, fino dalla preistoria. Le sculture urlano in silenzio e ci raccontano il tempo. Lo scultore prende un frammento di poesia e lo fa diventare di pietra”.
Per il sindaco di Pescara, Carlo Masci “Cascella ha saputo incarnare la capacità di trasformare la materia dura in plasticità espressiva, imponendo le cifre stilistiche che sono diventate la sua firma”. Quella di Basilio, Tommaso e Pietro è stata una famiglia “profondamente permeata di abbruzzesità, una dinastia che agli inizi del 900 seppe guardare molto oltre il laboratorio, con l’ambizione di un’arte che sapesse farsi riconoscere e apprezzare senza limiti di genere”. A 100 anni dalla nascita dell’artista della pietra, Pescara vuole essere ricordata come “un laboratorio di pensieri e di iniziative, di ricordo e di studio, di divulgazione e di politica culturale ad ampio raggio”. E Masci aggiunge: “Pescara una città della cultura orgogliosa dei suoi figli migliori che mette in mostra i gioielli di famiglia, come Gabriele D’Annunzio, Ennio Flaiano e i Cascella senza renderli inavvicinabili – conclude il sindaco – anzi, raccontandoli attraverso il loro vissuto e le loro opere”.
Per la storica dell’Arte Francesca Triozzi, “Cascella non pretende essere un innovatore, ma uno scultore che ha la passione di testimoniare l’arte”. Ereditò dal padre il culto per la pittura e la ceramica, e dalla sua esperienza artistica la passione per la scultura. E la storica aggiunge: “il sogno dell’artista era quello di prendere un blocco di marmo da scolpire, un’arte per pochi”. Nelle sue opere il marmo ha fatto da protagonista: il battesimo di Cascella nella scena internazionale fu il Monumento ad Auschwitz e il più tardo Arco della Pace. Fu attraverso l’utilizzo del marmo e del travertino martellato, la pietra lasciata in natura, che prevale per lo scultore l’importanza del lavoro artigianale, la provenienza dalla bottega paterna e le proprie origini”.