Va condannata – secondo la quarta sezione del Consiglio di Stato – al risarcimento dei danni per violazione dei principi di buona fede e correttezza, nei limiti dell’interesse negativo commisurato alle spese effettivamente sostenute (compensi professionali, oneri per la bonifica dell’area, per la presentazione di istanze amministrative e per la redazione di elaborati tecnici), l’amministrazione comunale che, essendo addivenuta alla stipula di apposito accordo con il privato, imponendo obblighi ben precisi, anche di natura economica, abbia ingenerato un legittimo affidamento in ordine alla possibilità di realizzare un impianto di trattamento dei rifiuti che la successiva e prevedibile attività di pianificazione urbanistica territoriale, sebbene legittima, ha reso irrealizzabile. (1).
I giudici di Palazzo Spada si sono occupati, con la sentenza 5514/2024, di una fattispecie in cui, a fronte di un accordo intervenuto tra un comune e una società per la realizzazione di un impianto di trattamento dei rifiuti all’interno di un complesso immobiliare ex industriale, era stata successivamente approvata, ad opera della unione di comuni, una variante normativa da recepirsi all’interno dei singoli strumenti urbanistici degli enti locali interessati che, con riferimento alle aree a destinazione industriale, vietava la realizzazione di impianti di smaltimento e recupero di rifiuti in prossimità di siti Unesco e di altri elementi naturali di pregio, con ciò precludendo la realizzazione del progetto imprenditoriale.
(1) Non risultano precedenti negli esatti termini.
Fonte: Giustizia Amministrativa