Nei giorni scorsi è stato presentato, a Roma, il 21° Rapporto annuale Ospedali&Salute, promosso dall’Aiop e realizzato dal Censis, che rappresenta uno strumento di monitoraggio dell’efficacia e dell’efficienza del sistema ospedaliero nelle componenti di diritto pubblico e privato.
Il Rapporto offre una valutazione del SSN basata sia sui dati ufficiali pubblicati dal Ministero della Salute e da Agenas, sia sull’esperienza dei pazienti, per offrire un analisi che raccolga i dati utili a sviluppare strategie di conservazione, recupero e sviluppo di una sanità per tutti. Una trattazione, basata su dati oggettivi, dove il punto di vista della domanda (bisogno di cura degli utenti) e il punto di vista dell’offerta (“macchina” sanitaria ed evoluzione) sono interdipendenti.
La natura mista della rete ospedaliera si manifesta nella distribuzione dei posti letto accreditati, 69% nella componente di diritto pubblico e 31% nella componente di diritto privato, nonché in una analoga articolazione delle giornate di degenza erogate. Diversamente, la spesa pubblica ospedaliera è destinata per il 87% alle strutture pubbliche e per il 13% alle strutture private accreditate. La relazione tra contributo fornito da ciascuna componente in termini di tutela della salute e corrispondente onere pubblico per finanziarlo, deve essere letta alla luce della complessità media pari a 1,38 nel comparto pubblico e a 1,47 nel comparto privato, nonché della tipologia di prestazioni erogate, che vede la componente accreditata coprire quote rilevanti di domanda di salute in cardiochirurgia, ortopedia e in oncologia. Ad es. la componente di diritto privato del Ssn copre il 44,6% degli interventi di valvuloplastica o sostituzione di valvole, il 37% di interventi cardiochirurgici in età pediatrica, il 50% delle protesi dell’anca e una quota dal 25% al 40% di interventi per tumore maligno.
Il 61% degli italiani conosce la natura e il ruolo delle strutture private accreditate nell’ambito del SSN e le equipara alle pubbliche; il 17% considera le strutture di diritto privato del Ssn diverse da quelle di diritto pubblico ed è convinto che le prestazioni erogate dalle prime siano a pagamento. Il 22,2% non ha idee precise, il dato è indicativo di una esperienza personale che porta gli utenti a ignorare le differenze tra pubblico e privato accreditato, ma anche di una quota non trascurabile di poca conoscenza rispetto a cosa qualifichi la Sanità pubblica. Per il 68% degli italiani è indifferente se una struttura sia pubblica o privata accreditata, in quanto a contare è la qualità delle prestazioni ricevute; per il 55% la presenza del privato accreditato rappresenta una necessità, in considerazione delle difficoltà degli ospedali di diritto pubblico nel rispondere in tempi appropriati alla domanda di prestazioni dei cittadini. Ne deriva un quadro di un Ssn di qualità, ma frammentato, in quanto a livello di qualità delle cure offerte, le strutture di diritto privato del Ssn che presentano un livello alto sono di più di quelle di diritto pubblico; per quanto riguarda invece i volumi di attività la componente accreditata soffre maggiormente della pubblica di numerosità sub-standard.
Il 47,7% degli utenti, nel complesso, ha una percezione positiva del Ssn della propria regione: il 8,7% e il 39% ritengono che la sanità locale sia di un livello qualitativo buono; laddove il 28% esprime un giudizio di sufficienza, il 22% ritiene il Ssn al di sotto delle aspettative/esigenze. 1 cittadino su 5 esprime un giudizio sub-standard: l’insufficienza del Ssr è riportata dal 9% dei residenti nel Nord-Est, contro il 35% degli utenti del Mezzogiorno. Il dato rilevante è quello di una eterogeneità nella qualità degli interventi e dei trattamenti offerti dalle strutture del Ssn: una variabilità tra aree geografiche, anche all’interno di una stessa area, tra strutture appartenenti allo stesso territorio e con la stessa natura giuridica. Ad esempio, nell’area cardiocircolatoria, mentre nel Nord e nel Sud e nelle Isole, la proporzione di strutture di diritto privato over-standard è superiore rispetto a quella delle strutture di diritto pubblico, nel Centro la situazione è ribaltata; qui le strutture di qualità bassa sono di più tra le strutture accreditate e negli ultimi 12 mesi, il 16% delle persone si è recato in un’altra regione. A queste persone bisogna aggiungere il 19% di coloro che , pur restando nell’ambito del Ssr di pertinenza, sono costretti a percorrere 50 km per usufruire della prestazione; la motivazione ricorrente della mobilità(il 32% dei migranti sanitari ed il 52% di coloro che si trovano in cattiva salute), è relativa all’eccessiva lunghezza delle liste di attesa nella propria regione. Il 27%, invece, si sposta per ottenere un servizio migliore, a cui si aggiunge un 17% di migranti sanitari che non ha trovato la tipologia di prestazione di cui aveva bisogno.